Energie rinnovabili: gli hotel più green

Il Sole, l’acqua e il vento sono grandi produttori di energia che l’uomo è riuscito a convertire in elettricità. Ancora molto da fare, però, per convertirli in normalità. Tre hotel ispirano la gestione sostenibile nell’ospitalità.

Rispetto a non molti anni fa, è ormai diffusa la consapevolezza sul cambiamento climatico e alle urgenti modifiche che ci vengono richieste per contenerlo. In coincidenza del G20 a Roma prima e del COP26 a Glasgow poi, la sostenibilità è entrata a gamba tesa nelle nostre case grazie alla risonanza mediatica data dal vertice internazionale. In questo articolo, voglio focalizzare l’attenzione sull’energia da fonti rinnovabili, del loro ruolo attuale nel nostro settore energetico e della loro applicazione nel settore alberghiero.

Cosa sono le energie rinnovabili?

Le fonti energetiche rinnovabili consentono di produrre energia a partire da risorse naturali, dette appunto rinnovabili, che hanno un tempo di formazione e tempo di utilizzo relativamente brevi rispetto alle risorse naturali non rinnovabili. Questi due elementi sono infatti essenziali per distinguere le risorse rinnovabili da quelle non rinnovabili. Basti solo pensare che il petrolio impiega milioni di anni a formarsi, mentre il legno solo alcuni anni. Per quanto riguarda il tempo di utilizzo, la verità è che il consumo il prelievo delle risorse (di qualunque tipo) cresce a ritmi insostenibili. Ciò minaccia le risorse rinnovabili, virtualmente inesauribili e sostenibili, ma che vengono prelevate in quantità superiori al tasso di rinnovamento. Questi particolari mettono in luce la necessità di una gestione adeguata delle risorse che rispetti il rapporto tra i tempi di rinnovamento della risorsa e il suo prelievo e dunque consumo.

Quali sono le energie rinnovabili?

  • Biocombustibile (ottenuto dalle biomasse),
  • Biomassa (ad esempio scarti delle attività agricole, alghe, rifiuti organici…)
  • Geotermica (il calore del sottosuolo),
  • Idroelettrica (la forza dell’acqua),
  • Solare (le radiazioni solari),
  • Mareomotrice (le maree),
  • Moto ondoso (le onde del mare),
  • Eolica (la forza del vento).

Alcune di queste sono considerate inesauribili, come l’energia solare, altre sono legate ad altri cicli produttivi o di consumo, come le biomasse.

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I dati sull’energia pulita in Italia

Secondo l’ultimo Rapporto statistico GSE 2019, nel 2019 in Italia la produzione totale di energia elettrica da fonti rinnovabili è stata poco meno di 116 TWh (Terawatt/ora), dato in aumento del +1,3% rispetto all’anno precedente. La fonte principale si conferma quella idroelettrica (40% della produzione complessiva); seguono solare (20%), eolica (17%), bioenergie (17%) e geotermia (5%). Bisogna notare, tuttavia, che l’energia pulita prodotta rappresenta il 39% della produzione complessiva del Paese. Questo significa che il restante 61% dell’energia elettrica italiana viene prodotta utilizzando combustibili fossili (carbone, petrolio o gas naturale). Le “prime della classe”, cioè le Regioni che producono più energia elettrica da fonti rinnovabili sono:

  1. Lombardia (17 TWh totali), prima per energia idraulica e biomasse,
  2. Piemonte (11 TWh totali),
  3. Puglia (10 TWh totali), prima per energia eolica e solare,
  4. Toscana (8,5 TWh) unica regione a produrre energia geotermica in Italia.
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La burocrazia rallenta la sostenibilità

In un recente articolo di Milena Gabanelli e Fabio Savelli sul Corriere (di cui consiglio la lettura), vengono spiegate la criticità delle energie rinnovabili nel nostro Paese date dalla pesante burocrazia. Nonostante la volontà di costruire impianti per la produzione di energia pulita (146 GW richiesti) e l’obiettivo posto al 2030 sia di produrre 70 GW puliti, infatti, la produzione attuale è ferma a 0,8 GW. Un dato negativo, seppur controbilanciato dal fatto che la metà della produzione di energia in Italia avviene da fonti rinnovabili. La Gabanelli sottolinea bene i tre fattori al disincentivo degli investimenti in Italia:

  1. Tempi troppo lunghi: 7 anni e 11 passaggi tra autorizzazioni e allacciamento alla rete TERNA. Solo in Puglia 396 impianti sono in attesa di essere approvati;
  2. Possibilità di bocciature lungo questo percorso da parte delle Regioni o del Ministero della Cultura;
  3. Divieto di accumulo, cioè di stoccare l’energia prodotta da risorse rinnovabili, previsto dalla legge.

Non mancano però altri ostacoli a quelli appena elencati, come veti apparentemente arbitrari, il vincolo paesaggistico, le aree vincolate e infine il consenso popolare e la volontà dei cittadini. Qualcosa sembra però muoversi in vista dei nuovi fondi europei del PNRR in arrivo, con l’auspicio dunque che le procedure si snelliscano e si possa aumentare la quota di energia pulita prodotta sul suolo nazionale. Entriamo nel vivo di questo articolo parlando delle energie da fonti rinnovabili nel settore alberghiero.

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Caso pratico: gli hotel virtuosi

È risaputo che l’energia elettrica costituisca la voce di costo più pesante nel settore alberghiero dopo il personale. Illuminazione, riscaldamento e condizionamento degli ambienti sono sicuramente gli aspetti più critici che rendono le bollette degli hotel molto salate i proprietari (e per il Pianeta). Negli anni sono nati modelli virtuosi di alberghi che sfruttano l’energia da fonti rinnovabili per ridurre i loro impatti e risparmiare sui costi. Vediamo tre casi che possono ispirare la nuova gestione sostenibile in ambito alberghiero.

Svart Hotel, Norvegia

Il primo hotel al mondo a produrre più energia di quella consumata: questo è il concetto di “energia positiva” applicato nello Svart Hotel, in Norvegia. Ispirato a costruzioni tradizionali norvegesi, non ha ancora una data di apertura ai turisti che vogliano soggiornarvi. L’architettura circolare, l’arredamento riciclato o naturale e i pannelli solari a rivestire il tetto sono solo alcuni degli accorgimenti presi per rendere questo albergo l’avanguardia dell’ospitalità green.

Svart Hotel

Lefay Resort & SPA, Lago di Garda, Italia

Sorge sul Lago di Garda, nella Riviera dei Limoni, immerso in un parco di 11 ettari e fuso con la natura circostante. Il Lefay Resort & SPA è un esempio eccellente di hotel sostenibile: bioarchitettura, una centrale energetica in struttura, gestione delle risorse, responsabilità sociale e attenzione alle persone. Ciliegina sulla torta: le certificazioni di qualità ambientale (ISO 9001, ISO 14001, ISO 14064, Green Globe e Being) e bilancio di sostenibilità dal 2015. La mia sorpresa più grande, però, è stata nel vedere che il sito della struttura è a emissioni zero grazie a CO2web.

Vista sul Monte Castello dall'Infinity Pool di Lefay Resort & SPA Lago di Garda
Lefay Resort & SPA

Naturthotel Leitlhof, Alto Adige, Italia

Premiato come Europe’s Leading Green Hotel 2021, è il Naturhotel Leitlhof, a San Candido (BZ). 100% autosufficiente per la produzione di energia e quindi “carbon neutral”, l’hotel in Val Pusteria possiede pannelli fotovoltaici, una centrale termoelettrica in struttura, un allevamento di bovini che garantisce carne di produzione propria e una fattoria di proprietà. Una vera immersione nel rispetto della maestosa natura del paesaggio alpino.

Naturthotel Leitlhof

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La mia scelta di sostenibilità digitale con Treedom

Un articolo diverso da quelli pubblicati finora. Oggi, voglio parlarti di Treedom e della scelta che ho fatto per rendere più sostenibile la mia attività su questo sito.

Come si può vedere da questo sito e dai miei articoli sulla sostenibilità, sono una persona sensibile ai temi ambientali. Da che io ricordi, ho sempre amato l’ambiente e la natura. Da bambina, ero incuriosita dalla vegetazione della macchia mediterranea, dagli insetti, dai molluschi…

Una me bambina a Torre Sant’Emiliano, Otranto (LE).

Da più grande, ho introdotto consapevolmente alcune abitudini e atteggiamenti rispettosi del Pianeta che mi ospita. Ad esempio, ridurre drasticamente il consumo di carne e di plastica, oppure ancora essermi ispirata alla filosofia Zero Waste nel corso di questi anni. Ho potuto anche studiare temi e materie ambientali, soprattutto all’Università, che mi hanno permesso di sviluppare una “coscienza ambientale”. Sebbene questi elencati ora siano fonti e azioni nobili, non sono però sufficienti. L’inquinamento, infatti, non è solo quello dei rifiuti, dell’atmosfera o delle sostanze nocive: esiste anche il cosiddetto inquinamento digitale.

I siti web, così come le mail, i cloud e gli streaming video sono mezzi digitali che contribuiscono all’inquinamento del nostro pianeta. Secondo Fridays For Future, inviare una mail con un allegato di 1 MB consumerebbe circa 19 grammi di CO2. Secondo la stessa fonte, un utente medio contribuirebbe all’emissione di ben 244 kg di CO2 in solo un anno sul web. È per questo che ho preso una piccola decisione per questo sito per contrastare questo fenomeno.

Photo by Rudolf Jakkel on Pexels.com

La mia iniziativa

Per compensare la CO2 generata con la mia attività online, ho deciso quindi di impegnarmi a piantare un albero al mese grazie al servizio di abbonamento offerto da Treedom (di cui ti parlerò più nel dettaglio nel prossimo paragrafo). Spero di poter contribuire a ridurre il mio impatto ambientale e sostenere questo progetto in cui credo molto e che conosco ormai da diverso tempo. Naturalmente, esistono anche altri metodi per un web più sostenibile, come scegliere un sevizio hosting certificato: Fridays For Future lo spiega benissimo nella loro pagina Sostenibilità Digitale. Io ho deciso di cominciare da qui. Il mio primo albero piantato è già online e ti invito a vederlo sul mio profilo su Treedom.

Cosa è Treedom?

Treedom è un’azienda italiana, fondata a Firenze nel 2010, che permette l’acquisto online di alberi virtuali, piantati in tutto il mondo da agricoltori locali selezionati. Le comunità di agricoltori si trovano in Paesi come Tanzania, Ecuador, Kenya, Italia, Haiti e molti altri. Gli utenti possono così ridurre la loro impronta ecologica e ricevere coordinate GPS, aggiornamenti, foto e altri contenuti riguardanti gli alberi adottati.

Oltre ad acquistare, è anche possibile regalare degli alberi o ancora creare una foresta virtuale da condividere con amici, parenti o membri di una comunità. Ma è anche possibile dare vita a una foresta aziendale oppure realizzare delle bomboniere green per occasioni speciali.

Federico Garcea è il lungimirante fondatore di questo progetto che oggi conta decine di dipendenti, decine di migliaia di collaboratori e 2,2 milioni di alberi piantati in tutto il mondo. Tra i traguardi degni di nota, inoltre, la prestigiosa certificazione B-Corp, ottenuta nel 2014. Il loro blog è ricco di articoli e idee interessanti e ne consiglio caldamente la lettura. Per i miei interessi, è particolarmente utile e d’ispirazione la rubrica Sustainable Business.


Conclusioni

Come ho già scritto sopra, considero questo come un primo, piccolo passo verso una maggiore sostenibilità della nostra presenza sulla Terra. Tuttavia, credo fortemente nel potere della comunicazione e della condivisione. Per questo motivo, ho scelto di dedicare questo articolo a Treedom, augurandomi di dare il buon esempio grazie alla mia azione concreta. Se chi mi legge avrà conosciuto il progetto e magari starà pensando di piantare un albero grazie a questo articolo, avrò raggiunto il mio obiettivo di un mondo più consapevole e green.


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Turismo enogastronomico: l’olio d’oliva

Tanto abbondante, quanto fragile. Parliamo dell’oro verde, l’olio extravergine d’oliva, rappresentante assoluto della decantata dieta mediterranea.

Conosciuto dagli armeni, dagli egiziani e amato dai romani, che ne esaltavano le qualità e ne documentano i migliori metodi di produzione e conservazione. L’olio di oliva è un prodotto nobile, apprezzato e consumato nella dieta mediterranea. La stessa dieta che, dal 2010, appartiene alla lista dei beni protetti come Patrimonio immateriale dell’umanità dall’UNESCO e vanta una Fondazione attiva per la sua diffusione e promozione con sede a Ostuni (Brindisi). Oggi troviamo l’olio d’oliva, ancora prima che sulle nostre tavole, negli scaffali dei supermercati, fregiato di gradevoli etichette che riportano i marchi di qualità del prodotto come BIO, DOC e IGP.


L’olio d’oliva da Roma a oggi

L’olio era così consumato a Roma, che veniva utilizzato addirittura come tributo dalle province dell’Impero. Nella città eterna arrivavano quindi gli oli pugliesi, ma anche spagnoli e africani. La Puglia visse un momento positivo della sua storia proprio vedendo esaltata la propria vocazione olivicola. A confermarlo sono i numerosi rinvenimenti archeologici di masserie e frantoi dediti alla produzione dell’olio nel territorio pugliese risalenti a tale periodo. Produzione strettamente legata, inoltre, con la fabbricazione di anfore per il trasporto e la commercializzazione del prezioso olio attraverso i fiorenti porti pugliesi dell’epoca (come quello di Brindisi) di cui ritroviamo ulteriori tracce archeologiche. Anche le olive, il prelibato frutto all’origine del grasso vegetale, godevano di grande popolarità a Roma, conservate in salamoia e servite a tutte le cene.

Poi, nel Medioevo, le tracce dell’impiego di olio d’oliva nelle fonti si riducono fino a sparire. Probabilmente, a causa dell’arrivo di nuovi popoli “continentali”, come i normanni, gli svevi e poi gli angioini.

Oggi, l’olio d’oliva è il re della tavola mediterranea, ampiamente riconosciuto per le sue proprietà e vera eccellenza pugliese. La Puglia è, infatti, la prima regione produttrice a livello nazionale del prodotto derivato dal frutto dell’olivo, albero tanto importante da campeggiare al centro dello stemma della regione più a est d’Italia. Negli ultimi anni, però, la produzione ha subìto l’attacco del batterio della Xylella, che ha quasi provocato la morte di diverse migliaia di piante anche secolari. Una tragedia che ha colpito principalmente la popolazione salentina, ma che si riverbera sull’economia di tutto il Paese con un preoccupante -10% sull’intera produzione italiana di olio d’oliva.

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I benefici dell’olio d’oliva

I benefici sull’organismo dati dalla composizione dell’olio d’oliva sono molteplici, secondo la Fondazione Dieta Mediterranea: l’olio d’oliva è facilmente digeribile, riduce il rischio cardiovascolare, è salutare per stomaco e pancreas, alleato delle ossa e possiede proprietà antiossidanti e antinfiammatorie date dai polifenoli contenuti al suo interno. Un vero e proprio “succo di benessere”, talmente apprezzato da essere utilizzato come ingrediente principale in linee di cosmetica della grande distribuzione o nei kit di cortesia negli hotel. Mi sono divertita a ricercare un esempio di courtesy kit per hotel a base di olio d’oliva e mi sono imbattuta nella Linea Cortesia “Gocce d’Oliva” per Hotel e B&B commercializzata da Hotelify, un e-commerce italiano di forniture alberghiere.

Linea Cortesia per hotel a base di olio d’oliva. Fonte: Hotelify.

I dati sull’olio d’oliva

L’ultimo rapporto di ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) riporta 4.475 frantoi attivi in Italia e una produzione di circa 270 migliaia di tonnellate stimata per il 2020. Un dato negativo rispetto all’anno precedente, con un calo del 25% della produzione di olio d’oliva italiano (erano oltre 330 migliaia di tonnellate nel 2019). La riduzione più evidente si osserva al sud. La Puglia, come abbiamo visto, è la prima regione per produzione, ma è anche la regione funestata dal batterio killer delle piante d’ulivo. Il suo -45% di produzione registrato trascina dunque l’intero dato nazionale. ISMEA fa notare inoltre un aumento della produzione nelle regioni del centro-nord, tuttavia non sufficiente a compensare le perdite del Sud, tradizionalmente abbondante del pregiato succo d’oliva.

A indebolire la produzione in Italia è anche la serrata competizione con gli altri produttori del Mediterraneo, primo tra tutti la Spagna, la Grecia, Tunisia, Marocco e Turchia. I forti sforzi produttivi degli ultimi anni nel Paese iberico, così come il vantaggio derivato da una produzione italiana oscillante (dovuta a Xylella, gelate e altri eventi), hanno fatto la fortuna di questi Paesi, che producono olio meno pregiato e più economico. Ciononostante, anche quest’anno l’Italia si attesta come il 2° produttore, il consumatore e anche il importatore di olio d’oliva a livello mondiale.

Ulteriore elemento di sofferenza per la filiera olivicola è da attribuirsi alla pandemia di Covid-19. Sebbene risulti meno danneggiata dalle misure restrittive imposte rispetto ad altri settori dell’agroalimentare, la raccolta delle olive, la produzione dell’olio e la sua commercializzazione sono stati impattati nel corso del 2020.

Produzione italiana minacciata, ma eccellente

L’Italia, infatti, vanta una produzione di olio d’oliva extravergine di pregiata qualità. Ne sono la dimostrazione il numero di riconoscimenti, il più alto d’Europa: 42 DOP e 6 IGP. Spicca tra tutti per abbondanza il Terra di Bari DOP, con più di 3.200 tonnellate prodotte nel 2019. Un dato positivo viene anche dalla certificazione di agricoltura biologica, che registra un aumento del +1,5% di superficie destinata alla produzione di olio d’oliva biologico rispetto al 2018 (il 12% circa del totale).

Ulteriore elemento a dimostrazione dell’eccellenza italiana è dato dai prezzi degli oli EVO italiani DOP (Denominazione di Origine Protetta), che sono notevolissimi. L’olio Brisighello DOP (Emilia-Romagna), tra i più alti in Italia, ha un prezzo di 22€ al chilo. Il Terre di Bari DOP, tra i più economici, viene venduto invece a 5,62€ al chilo (2019).

L’economia italiana, come è noto, si basa molto sull’esportazione dei prodotti dell’agroalimentare e il settore turistico sta osservando ormai da alcuni anni una forte domanda di turismo enogastronomico, che pure ruota intorno alle nostre eccellenze agroalimentari. Per quanto riguarda le esportazioni, infatti, abbiamo un’importante domanda dagli Stati Uniti (300 milioni di euro, un terzo delle esportazioni italiane), da Germania e Giappone, mercati che hanno una forte domanda di prodotti italiani.

Tutelare, amare e promuovere: questi sono, secondo me, i tre verbi che dovrebbero guidare l’agire degli operatori delle filiere coinvolte. In un mio precedente articolo avevo parlato dell’importanza del settore agroalimentare, del fenomeno dell’Italian sounding e dei danni che esso provoca alla nostra economia. Il Concorso nazionale del quale sto per parlarti ruota proprio intorno alla passione delle imprese legate a questo straordinario prodotto e all’oleoturismo.


Concorso nazionale “Turismo dell’olio”

A riprova dell’importanza dell’olio extravergine di oliva per il segmento del turismo enogastronomico, voglio brevemente accennare alla seconda edizione del Concorso nazionale Turismo dell’olio annunciato sul sito di Roberta Garibaldi, docente di Tourism Management all’Università di Bergamo e Amministratrice Delegata di ENIT.

Il concorso si propone di individuare le best practices nell’offerta di turismo legato all’olio extra vergine di oliva a livello nazionale. L’obiettivo è premiare le realtà imprenditoriali, divise in sei categorie (oleoteche, musei, hotel, frantoi…), impegnate nella valorizzazione del settore e nella narrazione del prodotto per la soddisfazione dei turisti enogastronomici.

Le iscrizioni si concluderanno domani 10 novembre 2021 e la premiazione è prevista nel 2022. Maggiori informazioni e regolamento sono disponibili sul sito dell’Associazione Turismo dell’Olio, nella pagina dedicata al Concorso.

Photo by Mareefe on Pexels.com

Per questo articolo, ho tratto libera ispirazione dalle lezioni di Tecnologie e certificazione ambientale tenute dalla prof.ssa Annarita Paiano presso l’Università degli Studi di Bari e dalle lezioni di Storia per il turismo tenute dal prof. Vito Bianchi presso la stessa Università.


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Turismo enogastronomico: i marchi di qualità

L’Italia vanta le sue ricchezze enogastronomiche in tutto il mondo. Il sistema dei marchi di qualità ne consentono la protezione e la valorizzazione del patrimonio e della qualità italiani.

L’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di prodotti agroalimentari a denominazione e a indicazione geografica in Europa. La prima regione italiana per numero è invece il Veneto, con ben 95 prodotti riconosciuti. Se negli scorsi articoli abbiamo parlato dell’importanza di EMAS ed Ecolabel, i marchi di qualità europei in campo ambientale, ritengo sia altrettanto importante parlare di qualità enogastronomica. Nasce dunque da questa consapevolezza (e dalla crescente domanda di turismo enogastronomico) la voglia di approfondire questo tema nell’articolo di oggi.


Cosa è il turismo enogastronomico?

Il turismo enogastronomico è una branca del turismo culturale e ha come oggetto il viaggio motivato dal desiderio di scoperta dell’enogastronomia di un territorio, considerato come veicolo della cultura locale.

Si tratta sicuramente di un segmento di grande importanza per l’Italia. A sottolinearne la rilevanza è, tra l’altro, la recentissima decisione del Ministro del turismo Garavaglia. La professoressa Roberta Garibaldi, una delle più importanti studiose di turismo enogastronomico in Italia, è stata infatti nominata come nuova Ammistratrice Delegata di Enit, l’Agenzia nazionale del turismo. Questo è da interpretarsi come un segnale forte e una scommessa che mi auguro sia destinata a portare grandi risultati nel nostro Paese.

Questa particolare forma di turismo ha, come accennato, una evidente connessione sia con il territorio, sia con la qualità dei prodotti che esso offre. La valorizzazione della qualità tramite i marchi di cui parleremo tra poco è, quindi, uno strumento di tutela e di sviluppo per la filiera agroalimentare del nostro Paese.

L’adozione dei marchi di qualità e la loro corretta comunicazione contribuiscono, tra le altre cose, a contrastare il fenomeno dell’Italian sounding, “falsi” prodotti commercializzati all’estero che fanno leva sull’immagine positiva del cibo italiano. Secondo Sky TG24, la contraffazione dei prodotti contraffatti all’estero ammonta a 100 miliardi di euro, determinando un grave danno per la nostra economia. Per evitare queste vere e proprie truffe, quindi è importante conoscere le denominazioni e i marchi di qualità agroalimentari presenti in Europa e in Italia.

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Cosa sono le denominazioni?

La certificazione agricoltura biologica e le indicazioni geografiche DOP, IGP e STG sono marchi riconosciuti dall’Unione Europea che identificano un numero selezionato di prodotti enogastronomici dei Paesi membri dalle caratteristiche distintive e di alta qualità. L’adesione a questa proposta di valore è garantita dal rispetto dei disciplinari di produzione, dei documenti ufficiali in cui vengono descritte le particolarità e i requisiti per singolo prodotto.

Questo tipo di riconoscimenti comunitari hanno l’obiettivo di:

  • Tutelare gli standard qualitativi dei prodotti agroalimentari;
  • Salvaguardarne i metodi di produzione;
  • Fornire ai consumatori informazioni chiare;
  • Contribuire al sostegno delle produzioni di prodotti di alta qualità;
  • Contribuire allo sviluppo dell’economia rurale.

Per ottenere e sviluppare i marchi di qualità europei è richiesto un impegno partecipato dall’intero sistema: l’Unione Europea, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (MIPAAF), Regioni, Province, Comuni, Comitati promotori e filiera produttiva lavorano in maniera sinergica per il raggiungimento di questi obiettivi. Il più delle volte questo processo comincia dal basso (bottom-up), e dunque la richiesta parte dalle aziende produttrici che si riuniscono a costituire un Comitato promotore che assume il compito di interlocutore istituzionale. Organismi di controllo e Consorzi di tutela seguono poi la vita e lo sviluppo del processo di certificazione.

Quali sono i vantaggi dei marchi?

In estrema sintesi, i vantaggi portati dall’adozione di marchi di qualità agroalimentare sono:

  • Sviluppo dei mercati agroalimentari verso una crescente qualità;
  • Sviluppo del territorio attraverso la tutela dei metodi di lavorazione e la valorizzazione turistica dei prodotti;
  • Tutela per il produttore che garantisce qualità e autenticità;
  • Tutela per il consumatore che è in grado di identificare e scegliere i prodotti consapevolmente.
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Nei prossimi paragrafi vedremo le maggiori caratteristiche dei marchi agricoltura biologica, DOP, IGP e STG.


Agricoltura biologica

Logo agricoltura biologica UE

Il logo biologico dell’UE permette di identificare agevolmente i prodotti biologici comunitari certificati da organismi autorizzati. Vengono certificati la produzione, il trattamento, il trasporto e l’immagazzinamento. Per esempio, viene garantita la produzione senza l’uso di sostanze chimiche che accelerino il processo di crescita dei prodotti alimentari. Nel settore agroalimentare, dunque, questo marchio è garanzia di una agricoltura non intensiva e attenta alle tecniche conservative delle risorse naturali (come la concimazione organica). Per ottenere l’etichetta, è necessario che almeno il 95% degli ingredienti del prodotto sia biologico. Tra i vantaggi, vi è senza dubbio la tutela della salute degli esseri umani, degli animali e dell’ambiente.

DOP – Denominazione di Origine Protetta

Logo DOP UE

Il marchio DOP identifica un prodotto originario di un territorio la cui qualità o le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico ed ai suoi intrinseci fattori naturali e umani e le cui fasi di produzione si svolgono nella zona geografica delimitata. Attualmente, in Italia sono presenti 578 prodotti riconosciuti con la Denominazione DOP, di cui 170 prodotti agroalimentari e 408 vini. Il logo, diversamente da quello precedente dal fondo blu, ha come colori predominanti il rosso e il giallo.

IGP – Indicazione Geografica Protetta

Logo IGP UE

La Denominazione IGP identifica un prodotto anch’esso originario di un determinato luogo, regione o Paese, alla cui origine geografica sono essenzialmente attribuibili una data qualità, la reputazione o altre caratteristiche e la cui produzione si svolge per almeno una delle sue fasi nella zona geografica delimitata. Riscontriamo dunque una differenza con la DOP, rendendo la IGP un marchio più “permissivo” e più facilmente ottenibile. Attualmente sono stati riconosciuti 247 prodotti IGP, di cui 139 prodotti agroalimentari e 118 vini.

STG – Specialità Tradizionale Garantita

Logo STG UE

I prodotti STG sono riconosciuti per seguire specifici metodi di produzione e ricette tradizionali. Per etichettare prodotti agroalimentari con questo marchio è sufficiente certificare le materie prime e ingredienti utilizzati tradizionalmente; la zona geografica di produzione passa dunque in secondo piano rispetto alla ricetta tradizionale. Sono 3 le Specialità Tradizionali Garantite in Italia: la Mozzarella, la Pizza Napoletana e la pasta all’Amatriciana.

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È disponibile per la consultazione un elenco dei prodotti DOP, IGP e STG aggiornato al 04/08/21 sul sito del MIPAAF.


…ma DOCG e IGT?

Le persone più attente ricorderanno anche le denominazioni DOCG e IGT tra gli scaffali dei supermercati. Questi non sono altro che marchi italiani (dunque non previsti dalla normativa europea) legati esclusivamente al vino. Per quanto riguarda il settore vinicolo, infatti, in Italia sono previsti quattro livelli di classificazione, in ordine dal più comune al più prestigioso:

  1. Vini da tavola VDT;
  2. Vini IGT;
  3. Vini DOC;
  4. Vini DOCG.

DOCG – Denominazione di Origine Controllata

La Denominazione DOGC, la più alta e la più prestigiosa, comprende vini prodotti in determinate zone geografiche e nel rispetto di uno specifico disciplinare di produzione. Per ottenerla, è necessario possedere la DOP da almeno dieci anni e sono previsti ulteriori controlli e analisi per certificare l’alta qualità produttiva. In Italia sono 77 i vini riconosciuti DOCG.

IGT – Indicazione Geografica Tipica

L’Indicazione IGT, corrispondente al secondo livello della classificazione, certifica la regione di origine del prodotto e della materia prima (almeno l’85% delle uve provenienti da tale zona). Si tratta dunque di un marchio meno restrittivo e che spesso comprende regioni geografiche piuttosto estese.

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La fonte principale di ispirazione per la scrittura di questo pezzo sono state le lezioni di Turismo enogastronomico del prof. Pierluigi Passaro dell’Università degli Studi di Bari e le lezioni di Tecnologie e certificazione ambientale del prof. Giovanni Lagioia e della prof.ssa Annarita Paiano, nella stessa Università. Infine, ho incontrato questo mondo anche nel mio progetto di tesi triennale condotto nel 2020, che aveva come oggetto la famiglia Lunelli, grazie al quale nasce e prospera oggi il Ferrari Trento DOC da vitigni 100% BIO. Lo stesso è stato premiato come il miglior produttore di spumanti al mondo solo pochi giorni fa, il 28 ottobre 2021.


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Rassegna: Reputazione turistica e PNRR

Breve rassegna stampa delle ultime novità del settore turistico.

In uno dei miei primi articoli su questo blog ho parlato della formazione gratuita online sulla materia turistica. Altrettanto importante, secondo me, è il costante aggiornamento sulle novità del settore e la capacità di “rimanere sul pezzo”. Per questo motivo, oggi voglio riportare una selezione di notizie sul turismo italiano.

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Trentino Alto Adige, la regione con la più alta reputazione turistica in Italia

Questo è quanto emerge dalla classifica della reputazione turistica delle regioni italiane secondo l’istituto di ricerca di opinioni e di mercato Demoskopika e riportata in anteprima da ANSA. Sul sito dell’istituto è possibile, per il momento, consultare solo la classifica del 2020.

Dopo aver elaborato milioni di dati a partire da pagine indicizzate sui motori di ricerca (688 mln), i profili social delle regioni (7 mln di like e follower), recensioni (50 mln) e strutture ricettive (450 mila), l’istituto ricava l’indice di Regional Tourism Reputation. Per poter consultare tutte le posizioni dovremo attendere la pubblicazione, ma secondo ANSA quest’anno le prime quattro medaglie vanno a:

  1. Trentino Alto Adige (115,7 punti), che si aggiudica il titolo di “regione più social d’Italia”;
  2. Toscana, la destinazione più ricercata e popolare sul web;
  3. Emilia Romagna, per l’offerta ricettiva e la visibilità istituzionale;
  4. Sicilia, regione con la migliore reputazione turistica del Mezzogiorno.

Questa notizia ricalca sicuramente l’importanza sempre più evidente della reputazione online sia delle destinazioni che delle imprese turistiche nei territori. Questi sono infatti fortemente frammentati a causa delle diverse politiche regionali in materia di turismo. Potrei dedicare un articolo alla frammentazione dell’offerta e della politica turistica italiana, tema al quale si lega la seconda notizia di oggi.


PNRR, in arrivo 6 miliardi per il Turismo

È notizia di ieri, 27 ottobre 2021, su Il Sole 24 Ore dell’approvazione del Consiglio dei Ministri di alcune misure per il turismo all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Pacchetto turismo

Il PNRR punta sulla ripartenza del turismo con 2,4 mld di euro (che salgono a 6,9 mld con la leva finanziaria) destinati a tre interventi:

  1. Fondo nazionale del Turismo;
  2. Attivazione del Digital Tourism Hub, una piattaforma online per l’aggregazione dell’offerta turistica nazionale;
  3. Progetto Roma Caput Mundi, per sostenere l’offerta turistica in vista del Giubileo del 2025.

Ecobonus 80% per gli alberghi

Sarà poi previsto un credito d’imposta dell’80% per l’efficientamento energetico, la riqualificazione antisismica, l’eliminazione delle barriere architettoniche, la realizzazione di piscine termali e la digitalizzazione delle strutture turistiche. Tra i destinatari del bonus, alberghi, stabilimenti balneari, agriturismi, terme, porti turistici, parchi a tema, centri congressuali e fieristici. Cumulabile a questo bonus sono anche contributi a fondo perduto fino a 70 mila euro per investimenti delle imprese della filiera turistica e lavori iniziati dopo il 1° febbraio 2020.

Digitalizzazione al 50% per le agenzie di viaggi

Stabilito anche un credito d’imposta al 50% dei costi sostenuti per tour operator e agenzie di viaggi che puntino a digitalizzare i propri servizi e la propria offerta turistica. Fino a 25 mila euro di spesa dunque per migliorare il proprio sito web, automatizzare le prenotazioni e la vendere servizi online.

Le parole chiave di questi provvedimenti sono quindi: riqualificazione, efficienza e digitalizzazione. Non ultime, turismo sostenibile e imprenditorialità: il piano destinerà 500 milioni per il turismo sostenibile e oltre 300 milioni per finanziamenti alla creazione di nuove imprese.

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Turismo lento: diventa un pellegrino

Il questionario per immergersi in questo mondo e vivere l’esperienza dei cammini europei.

Oggi scrivo questo breve articolo per segnalarti un questionario pensato per i potenziali pellegrini dei cammini europei. Nato per rurAllure, il progetto di ricerca finanziato dall’Unione Europea in collaborazione dell’Associazione Europea delle Vie Francigene, il sondaggio anonimo ha l’obiettivo di identificare interessi, motivazioni e bisogni degli individui alla ricerca di un’esperienza di turismo lento lungo i cammini che attraversano l’Europa.

I pellegrini che si mettono in viaggio lungo i percorsi culturali e naturalistici europei (o aspiranti tali) hanno dunque l’occasione di esprimere le loro preferenze verso i luoghi della cultura, gli eventi locali, esperienze gastronomiche o eventuali attività parallele lungo gli itinerari con deviazioni e visite guidate. Per aiutare gli operatori a fornire un’offerta di turismo lento in in linea con le tendenze e i desideri dei turisti, compila il questionario anonimo in soli 5 minuti.

Clicca qui per compilare il questionario anonimo in 5 minuti!

Associazione Europea delle Vie Francigene (AEVF) è un’associazione attiva da 20 anni nella promozione e valorizzazione dell’identità culturale legata alla Via Francigena. Oggi conta una rete di quasi 200 enti locali, 70 organizzazioni no profit e più di 400 attori privati nei settori dell’ospitalità, del turismo e delle attrezzature tecniche. Maggiori informazioni sono disponibili sul sito dell’associazione in italiano.

rurAllure è un progetto finanziato dal programma Horizon 2020 per la ricerca e l’innovazione dell’Unione Europea che ha tra gli obiettivi quello di stabilire una rete istituzionale di promozione dei siti culturali degli ambienti rurali europei nelle prossimità delle rotte di pellegrinaggio. Maggiori informazioni sono disponibili sul sito del progetto in inglese.


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EMAS: il management sostenibile

La certificazione europea per l’economia circolare di tutte le organizzazioni. In questo articolo, approfondiremo l’applicazione di EMAS alle aziende alberghiere.

Il turismo sostenibile può avere molte espressioni e manifestazioni. Con i miei articoli sulla sostenibilità, ho posto l’accento sull’adozione di politiche di performance ambientale e sull’efficace comunicazione di queste. Analizzando oggi lo standard EMAS, vorrei evidenziare degli aspetti di management sostenibile per il mondo dell’ospitalità alberghiera.


Cos’è EMAS?

Marchio EMAS

EMAS (abbreviazione di Eco-Management and Audit Scheme) è uno standard europeo introdotto nel 1993 e successivamente modificato nel 2001 e nel 2010 per adattarsi ai nuovi sviluppi scientifici e tecnologici nel settore ambientale. Una nuova modifica si è verificata, inoltre, nel 2018, con l’obiettivo di migliorare la comunicazione del marchio per le aziende. Alcune modalità di ottenimento del marchio sono state rese più flessibili e anche il logo è stato oggetto di modifiche nel corso degli anni dall’istituzione della certificazione. Il marchio e l’intero sistema di gestione, infine, è conforme alla normativa UNI EN ISO 14001 (International Organization for Standardization, normato in Italia da UNI).

L’adesione al sistema è volontaria per tutte le imprese e organizzazioni europee e non, pubbliche e private, che desiderano impegnarsi nel valutare e migliorare la propria efficienza ambientale. Lo slogan che si trova associato al marchio infatti è Performance, Credibility, Transparency, tre principi che guidano l’intero processo. Scopo prioritario di EMAS è naturalmente quello di contribuire alla realizzazione di uno sviluppo economico sostenibile, ponendo in rilievo il ruolo e le responsabilità delle imprese.

L’obiettivo principale di EMAS è migliorare l’ambiente e fornire a organizzazioni, autorità di controllo e cittadini (al pubblico in senso lato) uno strumento di valutazione e gestione dell’impatto ambientale di un’organizzazione (che si traduce anche in un vero e proprio risparmio sui costi legati all’attività). Parte integrante di EMAS sono infine la comunicazione al pubblico delle prestazioni ambientali e la partecipazione attiva dei dipendenti all’interno dell’organizzazione.

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Come si ottiene?

Il percorso per ottenere la registrazione EMAS è articolata in sei passaggi:

  1. Effettuare un’analisi ambientale;
  2. Dotarsi di un sistema di gestione ambientale;
  3. Effettuare un audit ambientale (valutazione);
  4. Redigere una dichiarazione ambientale, un documento pubblico con il quale l’organizzazione descrive i risultati raggiunti rispetto agli obiettivi fissati e un programma di continuo miglioramento delle prestazioni ambientali. Gli indicatori chiave riguardano:
    • emissioni in atmosfera,
    • efficienza energetica,
    • acqua, e scarichi idrici,
    • uso del suolo suolo in relazione alla biodiversità,
    • rifiuti,
    • sostanze pericolose.
  5. Ottenere la verifica indipendente da un verificatore EMAS, che esamina i passaggi fin qui compiuti;
  6. Registrare la dichiarazione presso l’organismo competente dello Stato membro, nel caso dell’Italia, ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). L’organizzazione riceve il proprio numero identificativo di registro, il diritto all’uso del logo EMAS e pubblica la dichiarazione ambientale.
Processo di registrazione EMAS. Fonte: ISPRA

La comunicazione di EMAS

All’esterno dell’organizzazione

Lo standard EMAS non solo impegna le aziende a rispettare alcuni parametri, ma alimenta al contempo un sistema di comunicazione ambientale. Le organizzazioni aderenti comunicano e rendono trasparente la propria struttura gestionale e produttiva agli stakeholder (comunità, cittadini, autorità di controllo e pubbliche amministrazioni). Questa apertura consente dunque di instaurare una comunicazione ambientale trasparente. I vantaggi della scelta di comunicare la sostenibilità sono molteplici:

  • Brand reputation e brand image;
  • Visibilità e marketing;
  • Consumer empowerment e awareness;
  • Sviluppo nel segmento del turismo sostenibile;
  • Competitività sul mercato;
  • Supply chain;
  • Agevolazioni, fondi o incentivi pubblici (comunali, provinciali, regionali, statali ed europei).

Per sapere come ottimizzare la comunicazione ambientale sul sito web di una struttura alberghiera, leggi il mio articolo Ecolabel: hotel a confronto.

All’interno dell’organizzazione

La comunicazione all’esterno, tuttavia, non è sufficiente. È necessario monitorare e mettere in piedi anche dei sistemi di comunicazione all’interno dell’azienda (marketing ambientale interno). Questo è un aspetto particolarmente importante perché permette di formare e aggiornare il personale con l’obiettivo di dare vita a un percorso partecipato e condiviso dal personale. Se chi lavora per e con l’organizzazione conosce pratiche, regole e strumenti per contribuire al miglioramento delle prestazioni ambientali, ciò non può che essere positivo per tutti coloro che gravitano intorno all’attività economica considerata, clienti inclusi.

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Dati e statistiche

Secondo i dati e le statistiche pubblicati dall’Istituto ISPRA, in Italia si osserva una crescita progressiva del totale delle registrazioni EMAS nel corso degli anni: sono infatti 2.041 quelle attive nel 2020, con un aumento di questo dato di circa 60 unità ogni anno (nel 2019 erano 1.983, nel 2018 invece 1.917).

Individuando le organizzazioni registrate per regione, notiamo come la prima regione italiana per numero di registrazioni EMAS è la Lombardia (226), con a seguire Emilia-Romagna (146), Toscana (112), Lazio (87) e Trentino-Alto Adige (72). Questo grafico mostra dunque una situazione ancora piuttosto omogenea e sbilanciata a favore delle regioni del nord Italia. Sommando infatti le registrazioni nelle regioni del sud (Campania, Abruzzo, Puglia, Sardegna, Molise, Sicilia, Basilicata e Calabria) otteniamo un numero totale di 187, inferiore al numero presente nella sola Lombardia. Questo dato è particolarmente importante perché sottolinea l’importanza di diffondere questo sistema di gestione a tutte le regioni d’Italia.

regioni
Dati aggiornati al 31/12/2020. Fonte: ISPRA

Il grafico a torta riporta invece le organizzazioni per dimensione: le aziende registrate EMAS sono prevalentemente grandi (31%) piccole (30%), con a seguire le medie imprese (25%) e quote residuali per altri tipi di aziende.

tipologia
Dati aggiornati al 31/12/2020. Fonte: ISPRA

Infine, da ulteriori dati ISPRA risulta come i cinque maggiori gruppi di attività economiche registrate EMAS in Italia siano:

  • Attività di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti (312 registrazioni);
  • Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e AC (151 registrazioni);
  • Amministrazione pubblica (129 registrazioni);
  • Commercio all’ingrosso (84 registrazioni);
  • Lavori di costruzione specializzati (81 registrazioni).

Ad avvalorare l’assenza delle attività di ricettività turistica da questo gruppo è ancora ISPRA, che nel suo elenco interattivo e periodicamente aggiornato, ci riporta un numero piuttosto esiguo di attività alberghiere registrate EMAS in Italia. Vediamolo insieme nel prossimo paragrafo.

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Bonus: EMAS e le strutture alberghiere

Navigando il sito ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), è possibile consultare l’elenco delle organizzazioni registrate EMAS. Per questo articolo, ho concentrato la mia ricerca sulle strutture alberghiere, identificate dal Codice NACE (Classificazione statistica delle attività economiche nella Comunità europea) 55.10 “Alberghi e alloggi simili”. Come si può notare dallo screenshot, sono undici le organizzazioni attualmente certificate EMAS.

Screenshot elenco delle organizzazioni registrate EMAS secondo ISPRA al 12/10/21. Elaborazione dell’autrice.

Da questo elenco, notiamo come di fatto la registrazione EMAS riguardi pochi alberghi in Italia, costituendo attualmente un vantaggio competitivo importante per queste aziende. Questo elemento può essere dunque spunto per altre organizzazioni illuminate che vogliano ottenere il marchio EMAS, considerati i vantaggi già analizzati.

Particolarmente interessante da rilevare è il dato geografico, opposto a quello nazionale visto precedentemente. Nel caso delle aziende alberghiere, infatti, vediamo una concentrazione maggiore al sud Italia (in Campania, in particolare). Le undici organizzazioni registrate EMAS sono infatti così divise sul territorio nazionale:

  • Nord (3 registrazioni): Stenico (TN), Rosolina (RO) e Milano (MI);
  • Centro (2 registrazioni): Grosseto (GR) e Marciana (LI);
  • Sud (5 registrazioni): Anacapri (NA), Sant’Agnello (NA), Positano (SA), Vico Equense (NA) Polla (SA), Vieste (FG).

Così come fatto per Ecolabel, è possibile approfondire i siti delle singole aziende per analizzare la comunicazione online di quella che possiamo definire a tutti gli effetti una certificazione di eccellenza ambientale.

Per saperne di più su costi e benefici di EMAS, sono disponibili per il download sul sito ISPRA due brochure dedicate a EMAS per il settore alberghiero e ancora EMAS per il settore turistico.


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La Via Francigena di We Are in Puglia

Sette video dedicati al tratto pugliese del cammino che continua ad affascinare migliaia di viaggiatori del turismo lento.

Nel mio precedente articolo sul turismo lento e la Via Francigena, ho parlato del valore di questo bene culturale e del progetto Road to Rome 2021, organizzato dall’Associazione Europea delle vie Francigene, partito il 15 giugno da Canterbury e giunto alla tappa conclusiva lo scorso il 2021 a Santa Maria di Leuca, in Puglia.

La regione più a est d’Italia, il tratto finale di un cammino lungo più di 3.000 km e mia regione del cuore: oggi, voglio partire proprio da qui e parlarti brevemente di un progetto pugliese che ha come protagonista proprio la Via Francigena. Il progetto, che prende il nome di Puglia Fuori Rotta, illustra diversi itinerari insoliti in questa splendida regione. Realizzato da Vostok100k, in collaborazione con Pugliapromozione e finanziato dai fondi europei PO FESR FSE Puglia 2014-2020, il progetto è pubblicato interamente sul canale YouTube di We Are in Puglia in una playlist dedicata.

Via Francigena del Sud. Fonte: greenme.

L’itinerario pugliese della via Francigena del Sud ha inizio a Celle San Vito (FG) e termina a Monte Sant’Angelo (FG) per il tratto settentrionale e a Santa Maria di Leuca (LE) per il tratto meridionale. I punti terminali dei tratti menzionati sono rispettivamente il Santuario di San Michele Arcangelo (patrimonio mondiale dell’umanità UNESCO) e la Basilica santuario di Santa Maria de Finibus Terrae, là dove mar Jonio e mar Adriatico si incontrano.

A questo affascinante itinerario sono dedicati quindi sette video: il primo, pubblicato il 9 settembre 2021 sul canale YouTube di We Are in Puglia. Qui sotto, puoi vedere l’intera serie condotta e narrata da Lorenzo Scaraggi (Vostok100k), la voce scelta per questo viaggio alla scoperta delle opportunità di turismo lento in Puglia.

1 – Primo video della serie
2 – Secondo video della serie
3 – Terzo video della serie
4 – Quarto video della serie
5 – Quinto video della serie
6 – Sesto video della serie
7 – Settimo e ultimo video della serie

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Turismo lento: la Via Francigena

Natura, libertà, comunità, patrimonio: tutto questo è la Via Francigena, emblema del turismo lento in Italia. Làsciati incantare dalla storia… che puoi calpestare.

Cosa è lo Slow Tourism?

ll turismo lento è uno stile di viaggio in crescente diffusione, che abbraccia la scoperta di bellezze e luoghi nascosti, poco conosciuti, comunità locali e prodotti enogastronomici genuini, il tutto nel segno della sostenibilità e della lentezza. Per questa tipologia di vacanza, sono infatti privilegiati i mezzi di trasporto più lenti e a ridotto impatto ambientale: piedi, in bicicletta, treni e mezzi collettivi.

Lo slow tourism è fortemente legato alla persona, alla scelta individuale di intraprendere un percorso e di vivere un’esperienza del corpo e della mente. Una filosofia di vita, insomma, con borghi, parchi culturali, parchi naturali, cammini come ambientazione. Questa nuova domanda di turismo è in contrasto con il turismo di massa, detta regole opposte e richiede beni e servizi da riscoprire, sviluppare e innovare.

Da queste poche parole di introduzione, emergono già numerosi punti di contatto tra il turismo lento e altri “stili di turismo”, come ho voluto rappresentare nell’infografica qui sotto.

Infografica sul tema del turismo lento. Elaborazione dell’autrice.

È possibile approfondire il tema del turismo lento nel corso Turismo Lento: Borghi, Parchi, Cammini d’Italia sulla piattaforma Federica.eu, di cui ho parlato in un mio precedente articolo dal titolo Risorse gratuite per studiare Turismo. Il corso, tenuto dal professor Alessandro Cugini, offre una panoramica completa su questo comparto turistico. Il professore, in particolare, sottolinea come la domanda di turismo lento stia progressivamente aumentando, a fronte di un’offerta ancora poco attrezzata e carente di professionisti formati. Cugini rileva così un grande potenziale di sviluppo e di occupazione per gli operatori della filiera. Qui puoi vedere il video di introduzione al corso gratuito.

Video di presentazione del corso online gratuito.

Il caso: la via Francigena

Divenuta popolare negli ultimi anni, la via Francigena affonda le sue radici nei pellegrinaggi medievali dei fedeli europei verso i luoghi della cristianità: la tomba di San Pietro a Roma, Gerusalemme e la Terra Santa o ancora Santiago di Compostela in Galizia.

Dettaglio indicazione della Via Francigena. Fonte: Greenme.

Il percorso che prende il nome di Via Francigena parte da Canterbury, in Inghilterra, e termina a Santa Maria di Leuca, in Puglia e che attraversa gli Stati dell’attuale Regno Unito, Francia, Svizzera e Italia e due catene montuose, le Alpi e gli Appennini. È un sentiero storicamente utilizzato da pellegrini e crociati che si dirigevano verso i porti d’imbarco pugliesi per la Terra Santa. Totalizza più di 3000 km e non smette di affascinare i turisti che ogni anno lo intraprendono, anche solo per brevi tratti. L’Italia, dei quattro Paesi europei attraversati dal cammino, è il Paese con più tappe (88) e il tratto più lungo dell’intera Via Francigena (2.074 km).

Il sito ufficiale offre un vero e proprio viaggio all’interno dell’affascinante mondo della Via, ricco di informazioni utili ai viaggiatori per pianificare il cammino, percorribile a piedi, in bicicletta e parzialmente a cavallo. Il tour online continua, con la possibilità di consultare dove dormire, servizi, criticità, consigli, tour organizzati e molto altro.

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Il sito è curato dall’Associazione Europea delle Vie Francigene, che nel 2021 festeggia il ventesimo anniversario dalla nascita. In occasione di questo importante traguardo, inoltre, è stata percorsa l’intera via Francigena. Il progetto, battezzato Road to Rome 2021, è partito il 15 giugno da Canterbury ed è giunto alla tappa conclusiva ieri 18 ottobre 2021 a Santa Maria di Leuca (ne ha parlato il Quotidiano di Puglia). Obiettivo di questo evento è di promuovere la ripartenza del turismo sostenibile, culturale e responsabile lungo i cammini dopo la pandemia, oltre a quello di supportare la candidatura della Via Francigena a Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO.

Gli obiettivi del progetto, così come sono stati presentati dall’Associazione in versione integrale, sono:

  • Sostenere la candidatura UNESCO della Via Francigena attraverso la valorizzazione del suo patrimonio culturale;
  • Rilanciare il turismo sostenibile lungo la Via Francigena;
  • Sensibilizzare le comunità locali, gli escursionisti e il pubblico internazionale sui temi della tutela ambientale e dei viaggi responsabili;
  • Supportare lo sviluppo economico dei territori;
  • Salvaguardare e promuovere il patrimonio culturale e naturale della Via Francigena;
  • Manutenzione e sicurezza lungo il percorso;
  • Supportare le associazioni locali e il settore privato che operano lungo la Via Francigena (tour operator, albergatori, ristoratori e fornitori di servizi);
  • Valorizzare la gastronomia, il patrimonio e gli eventi locali.
Itinerario del progetto Road to Rome 2021. Fonte: viefrancigene.org
Dettaglio itinerario della Via Francigena del Sud. Fonte: Greenme.

Riflessione e conclusione

Un patrimonio inestimabile, dunque, che necessita di progettualità, imprenditorialità e sensibilità per vedere sfruttato il suo potenziale. La via Francigena e il turismo lento sono evidenti motivi di orgoglio per il nostro territorio e sono un bene culturale sul quale è possibile lavorare, sperimentare e innovare.

A rimarcarne l’importanza è il recente progetto Puglia fuori rotta, promosso dalla Regione Puglia e che ha come protagonista proprio il tratto pugliese della Via Francigena. Proprio questo sarà il tema del prossimo articolo in uscita sul blog. Per leggerlo, inserisci qui sotto il tuo indirizzo email e riceverai una notifica quando verrà pubblicato.

Video di presentazione del progetto Cammini di Leuca.

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Fonti e link utili

Revenue Management: il caso Smartpricing

Continua la nostra panoramica sul mondo del Revenue Management con un caso tutto italiano di software dedicato a piccole e medie realtà dell’ospitalità.

La materia del Revenue Management è vasta, ma soprattutto in rapida evoluzione. È proprio con questo pensiero che ho concluso il mio articolo Revenue management: il termometro di un albergo. Oggi, però, voglio offrirti una chicca in più: ti parlerò di Smartpricing, una start-up italiana che fa guadagnare di più a hotel e case vacanza grazie al Revenue Management. Prima di addentrarci nel caso di studio, vediamo alcuni concetti indispensabili per un Revenue Manager.


Pricing strategy

La seconda P del marketing mix è Price. Per il RM, questo si traduce nel mantra “gestione delle tariffe e massimizzazione dei ricavi“. Il prezzo è spesso la vetrina di un’azienda alberghiera, talvolta l’unica informazione rilevante per il cliente. Vi sono hotel che ne hanno ricavato una brand identity e una successiva campagna di comunicazione. Emblematico in tal senso è il caso del Hans Brinker Budget Hotel di Amsterdam e il suo iconico spot promozionale, di cui consiglio la visione qui sotto.

Messaggio promozionale e ironico dell’Hans Brinker Budget Hotel di Amsterdam.

Il prezzo è dunque uno strumento potente, gli albergatori lo sanno bene. Secondo la teoria diffusa, questo dovrebbe essere il risultato di una precisa strategia di prezzo. Affinché questa sia efficace, è necessario conoscere:

  • Caratteristiche della struttura: posizione, camere, servizi offerti costituiscono la base da cui partire per elaborare il prezzo da offrire ai propri ospiti;
  • Qualità: per un buon posizionamento, il Revenue Manager monitora le stelle, recensioni e la percezione degli ospiti. Nel caso dell’ospitalità extra-alberghiera, l’elemento delle stelle viene meno e ci si riferisce ad altri indicatori come le immagini fotografiche;
  • Condizioni del mercato: stagioni, eventi, fiere condizionano la domanda di una camera d’albergo;
  • Panoramica competitiva: lo studio e le azioni dei concorrenti sono indispensabili per l’elaborazione dei prezzi;
  • Costi di gestione: costi fissi e variabili della struttura compongono la base per la costruzione del prezzo. Il RM nasce proprio dalla fattispecie di costi fissi alti, tipici del settore aereo e di quello alberghiero. Operare al di sotto della soglia dei costi è infatti un’operazione sostenibile solo nel breve periodo;
  • Domanda: la leva più importante e efficaci strumenti e software intelligenti sono oggi in grado di misurare la domanda di una o più strutture alberghiere, guidando e supportando il lavoro del Revenue Manager.

Dominare questa grande quantità di informazioni è dunque uno tra i compiti del Revenue Manager. Fortunatamente, la tecnologia viene in soccorso del professionista grazie a software sempre più sofisticati e attendibili per il monitoraggio di questi dati.

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Struttura tariffaria

I prezzi non sono tutti uguali, così come non lo sono le tariffe. Essi si distinguono normalmente in:

  • Posizionamento pubblico: si tratta dei prezzi visibili per i clienti online, sul sito web, nelle OTA o nei metasearch dedicati. È la tariffa di riferimento dalla quale vengono derivate tutte le altre (promozioni, campagne marketing, pacchetti, programmi fedeltà);
  • Posizionamento offline: prezzi risultanti da contratti con agenzie, tour operator o intermediari. Sono prezzi “invisibili”, frutto di accordi commerciali, collaborazioni e convenzioni tra la struttura e altre imprese.

Un passaggio ulteriore è definire il modello di pricing, a scelta tra il cosiddetto dynamic pricing o il listino fisso.

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Canali di distribuzione

Ultima P del marketing mix è Place, ovvero distribuzione. L’albergo è, in ottica di filiera, un fornitore di servizio di ricettività. In quanto tale, ha dunque bisogno di incontrare il cliente sul mercato tramite dei canali di distribuzione (e dunque di prenotazione), qui elencati:

  • Telefono/Email: il canale diretto per eccellenza, tramite lo staff interno;
  • Sito: il più delle volte si avvale di un booking engine integrato al software PMS interno;
  • OTA: i più comuni portali online che permettono la prenotazione di camere;
  • GDS: sono sistemi utilizzati dalle agenzie di viaggio per la distribuzione di camere in tutto il mondo;
  • Tour operator: operano in qualità di grossisti e si interfacciano prevalentemente con turisti leisure.

Ognuno di questi canali presenta vantaggi e svantaggi, nonché dei costi che la gestione alberghiera necessita di quantificare e valutare. Spesso è prediletta la prenotazione diretta tramite telefono e/o mail, ma vi possono essere casi in cui è più saggio operare scelte diverse.

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Da questa breve analisi, vediamo come la professione del Revenue Manager abbia a che fare con molti dati, che variano velocemente e che necessitano di un costante monitoraggio da parte di un professionista competente. Un difficile compito per il quale la tecnologia può dare il proprio contributo. Per questo ho deciso di parlarti di Smartpricing, l’azienda hospitalitech che aiuta gli albergatori e i proprietari di case vacanza.

Bonus: Il caso Smartpricing

Un caso di start-up di Revenue Management risplende nel nostro Paese: si chiama Smartpricing e nasce in un territorio al quale sono profondamente legata: il Trentino. I protagonisti di quest’impresa sono tre giovani intraprendenti e lungimiranti: Tommaso Centonze, Luca Rodella ed Eugenio Bancaro. La loro storia è raccontata in maniera fresca in La storia di Smartpricing: come abbiamo creato il primo revenue management software completamente automatizzato in Italia sul loro blog. A tal proposito: il loro blog è ricco di contenuti completamente gratuiti e validi che consiglio di consultare.

Il loro software di Revenue Management (RMS) si rivolge per lo più a piccole strutture alberghiere o extra-alberghiere. Il loro sistema, dotato di un algoritmo intelligente, analizza, elabora e automatizza la definizione delle tariffe delle camere. Comunica anche con il sito, le OTA, i channel manager e i PMS. Il risultato? La gestione automatizzata delle tariffe delle camere, praticamente come avere un Revenue Manager professionista sempre pronto a correggere i prezzi per aumentare i ricavi della struttura.


Grazie per aver letto fin qui.

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