Tanto abbondante, quanto fragile. Parliamo dell’oro verde, l’olio extravergine d’oliva, rappresentante assoluto della decantata dieta mediterranea.
Conosciuto dagli armeni, dagli egiziani e amato dai romani, che ne esaltavano le qualità e ne documentano i migliori metodi di produzione e conservazione. L’olio di oliva è un prodotto nobile, apprezzato e consumato nella dieta mediterranea. La stessa dieta che, dal 2010, appartiene alla lista dei beni protetti come Patrimonio immateriale dell’umanità dall’UNESCO e vanta una Fondazione attiva per la sua diffusione e promozione con sede a Ostuni (Brindisi). Oggi troviamo l’olio d’oliva, ancora prima che sulle nostre tavole, negli scaffali dei supermercati, fregiato di gradevoli etichette che riportano i marchi di qualità del prodotto come BIO, DOC e IGP.
L’olio d’oliva da Roma a oggi
L’olio era così consumato a Roma, che veniva utilizzato addirittura come tributo dalle province dell’Impero. Nella città eterna arrivavano quindi gli oli pugliesi, ma anche spagnoli e africani. La Puglia visse un momento positivo della sua storia proprio vedendo esaltata la propria vocazione olivicola. A confermarlo sono i numerosi rinvenimenti archeologici di masserie e frantoi dediti alla produzione dell’olio nel territorio pugliese risalenti a tale periodo. Produzione strettamente legata, inoltre, con la fabbricazione di anfore per il trasporto e la commercializzazione del prezioso olio attraverso i fiorenti porti pugliesi dell’epoca (come quello di Brindisi) di cui ritroviamo ulteriori tracce archeologiche. Anche le olive, il prelibato frutto all’origine del grasso vegetale, godevano di grande popolarità a Roma, conservate in salamoia e servite a tutte le cene.
Poi, nel Medioevo, le tracce dell’impiego di olio d’oliva nelle fonti si riducono fino a sparire. Probabilmente, a causa dell’arrivo di nuovi popoli “continentali”, come i normanni, gli svevi e poi gli angioini.
Oggi, l’olio d’oliva è il re della tavola mediterranea, ampiamente riconosciuto per le sue proprietà e vera eccellenza pugliese. La Puglia è, infatti, la prima regione produttrice a livello nazionale del prodotto derivato dal frutto dell’olivo, albero tanto importante da campeggiare al centro dello stemma della regione più a est d’Italia. Negli ultimi anni, però, la produzione ha subìto l’attacco del batterio della Xylella, che ha quasi provocato la morte di diverse migliaia di piante anche secolari. Una tragedia che ha colpito principalmente la popolazione salentina, ma che si riverbera sull’economia di tutto il Paese con un preoccupante -10% sull’intera produzione italiana di olio d’oliva.

I benefici dell’olio d’oliva
I benefici sull’organismo dati dalla composizione dell’olio d’oliva sono molteplici, secondo la Fondazione Dieta Mediterranea: l’olio d’oliva è facilmente digeribile, riduce il rischio cardiovascolare, è salutare per stomaco e pancreas, alleato delle ossa e possiede proprietà antiossidanti e antinfiammatorie date dai polifenoli contenuti al suo interno. Un vero e proprio “succo di benessere”, talmente apprezzato da essere utilizzato come ingrediente principale in linee di cosmetica della grande distribuzione o nei kit di cortesia negli hotel. Mi sono divertita a ricercare un esempio di courtesy kit per hotel a base di olio d’oliva e mi sono imbattuta nella Linea Cortesia “Gocce d’Oliva” per Hotel e B&B commercializzata da Hotelify, un e-commerce italiano di forniture alberghiere.

I dati sull’olio d’oliva
L’ultimo rapporto di ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) riporta 4.475 frantoi attivi in Italia e una produzione di circa 270 migliaia di tonnellate stimata per il 2020. Un dato negativo rispetto all’anno precedente, con un calo del 25% della produzione di olio d’oliva italiano (erano oltre 330 migliaia di tonnellate nel 2019). La riduzione più evidente si osserva al sud. La Puglia, come abbiamo visto, è la prima regione per produzione, ma è anche la regione funestata dal batterio killer delle piante d’ulivo. Il suo -45% di produzione registrato trascina dunque l’intero dato nazionale. ISMEA fa notare inoltre un aumento della produzione nelle regioni del centro-nord, tuttavia non sufficiente a compensare le perdite del Sud, tradizionalmente abbondante del pregiato succo d’oliva.
A indebolire la produzione in Italia è anche la serrata competizione con gli altri produttori del Mediterraneo, primo tra tutti la Spagna, la Grecia, Tunisia, Marocco e Turchia. I forti sforzi produttivi degli ultimi anni nel Paese iberico, così come il vantaggio derivato da una produzione italiana oscillante (dovuta a Xylella, gelate e altri eventi), hanno fatto la fortuna di questi Paesi, che producono olio meno pregiato e più economico. Ciononostante, anche quest’anno l’Italia si attesta come il 2° produttore, il 1° consumatore e anche il 1° importatore di olio d’oliva a livello mondiale.
Ulteriore elemento di sofferenza per la filiera olivicola è da attribuirsi alla pandemia di Covid-19. Sebbene risulti meno danneggiata dalle misure restrittive imposte rispetto ad altri settori dell’agroalimentare, la raccolta delle olive, la produzione dell’olio e la sua commercializzazione sono stati impattati nel corso del 2020.
Produzione italiana minacciata, ma eccellente
L’Italia, infatti, vanta una produzione di olio d’oliva extravergine di pregiata qualità. Ne sono la dimostrazione il numero di riconoscimenti, il più alto d’Europa: 42 DOP e 6 IGP. Spicca tra tutti per abbondanza il Terra di Bari DOP, con più di 3.200 tonnellate prodotte nel 2019. Un dato positivo viene anche dalla certificazione di agricoltura biologica, che registra un aumento del +1,5% di superficie destinata alla produzione di olio d’oliva biologico rispetto al 2018 (il 12% circa del totale).
Ulteriore elemento a dimostrazione dell’eccellenza italiana è dato dai prezzi degli oli EVO italiani DOP (Denominazione di Origine Protetta), che sono notevolissimi. L’olio Brisighello DOP (Emilia-Romagna), tra i più alti in Italia, ha un prezzo di 22€ al chilo. Il Terre di Bari DOP, tra i più economici, viene venduto invece a 5,62€ al chilo (2019).
L’economia italiana, come è noto, si basa molto sull’esportazione dei prodotti dell’agroalimentare e il settore turistico sta osservando ormai da alcuni anni una forte domanda di turismo enogastronomico, che pure ruota intorno alle nostre eccellenze agroalimentari. Per quanto riguarda le esportazioni, infatti, abbiamo un’importante domanda dagli Stati Uniti (300 milioni di euro, un terzo delle esportazioni italiane), da Germania e Giappone, mercati che hanno una forte domanda di prodotti italiani.
Tutelare, amare e promuovere: questi sono, secondo me, i tre verbi che dovrebbero guidare l’agire degli operatori delle filiere coinvolte. In un mio precedente articolo avevo parlato dell’importanza del settore agroalimentare, del fenomeno dell’Italian sounding e dei danni che esso provoca alla nostra economia. Il Concorso nazionale del quale sto per parlarti ruota proprio intorno alla passione delle imprese legate a questo straordinario prodotto e all’oleoturismo.
Concorso nazionale “Turismo dell’olio”
A riprova dell’importanza dell’olio extravergine di oliva per il segmento del turismo enogastronomico, voglio brevemente accennare alla seconda edizione del Concorso nazionale Turismo dell’olio annunciato sul sito di Roberta Garibaldi, docente di Tourism Management all’Università di Bergamo e Amministratrice Delegata di ENIT.
Il concorso si propone di individuare le best practices nell’offerta di turismo legato all’olio extra vergine di oliva a livello nazionale. L’obiettivo è premiare le realtà imprenditoriali, divise in sei categorie (oleoteche, musei, hotel, frantoi…), impegnate nella valorizzazione del settore e nella narrazione del prodotto per la soddisfazione dei turisti enogastronomici.
Le iscrizioni si concluderanno domani 10 novembre 2021 e la premiazione è prevista nel 2022. Maggiori informazioni e regolamento sono disponibili sul sito dell’Associazione Turismo dell’Olio, nella pagina dedicata al Concorso.

Per questo articolo, ho tratto libera ispirazione dalle lezioni di Tecnologie e certificazione ambientale tenute dalla prof.ssa Annarita Paiano presso l’Università degli Studi di Bari e dalle lezioni di Storia per il turismo tenute dal prof. Vito Bianchi presso la stessa Università.
Non perderti i prossimi articoli!
Riceverai una mail solo quando saranno pubblicati nuovi articoli su questo blog.